Presbiterato uxorato nelle Chiese Orientali e perché non nella chiesa latina?
Patriarca Cardinale Louis R. Sako
Padre Diyar Sarkis ordinato il 9/2/2024
Scrivo queste righe dopo avere ordinato preti, la settimana scorsa, due uomini sposati, uno in Belgio e l’altro in Olanda: le due chiese erano piene di fedeli caldei ma anche latini. Certo prima della loro ordinazione hanno fatto studi e hanno una solida formazione.
Dopo l’ordinazione alcuni mi hanno chiesto perché noi latini non abbiamo questa possibilità?
Noi orientali siamo cattolici come i cattolici latini romani e nella Chiesa non siamo due categorie di cattolici, ma una sola categoria cattolica e apostolica. Ci sono due tradizioni diverse, ma la tradizione non è eterna.
Il mondo nostro è diverso dal passato, è cambiato, anche la società. Sicuramente non ci sarà progresso senza aggiornamento. Il Santo padre Papa Francesco ha capito questa realtà, perciò ha convocato il sinodo sulla sinodalità in ottobre 2023 e ottobre 2024
La vocazione sacerdotale è una chiamata personale e una convinzione di fede.
Ci sono persone chiamate al sacerdozio con il celibato, ma altre con il matrimonio. .
Nelle chiese orientali ci sono i due modelli: sacerdoti celibe e sacerdoti sposati. Che problema c’è, il matrimonio è un sacramento.
Il celibato è una disciplina e non una dottrina di fede. Ordinare preti persone sposate ideone non annulla la presenza di preti celibi. Il celibato rimane un carisma molto apprezzato. Sono due scelte diverse, e una non va contro l’altra.
Nella Chiesa c’erano preti sposati fino al secolo nono, poi si sono moltiplicati i monasteri e le congregazioni, con l’arrivo di papi e vescovi monaci che hanno portato la loro disciplina monastica, i canoni, la liturgia, fino al ritiro della liturgia cattedrale (il breviario prima del concilio Vaticano II era monastico). Invece le chiese orientali ortodosse e cattoliche hanno continuato ad avere preti celibi e sposati che vivono nell’armonia. Non c’è una concorrenza contro i preti celibi. Abbiamo nella Chiesa caldea una ventina di sposati, mentre la maggioranza dei nostri preti sono celibi.
Tutte le chiese hanno grande bisogno di sacerdoti; perché non dare ai vescovi locali la possibilità per distinguere i casi e prendere la decisione giusta per la loro diocesi?
Le facoltà di teologia sono aperte agli uomini e alle donne: abbiamo persone laureate in teologia, in liturgia e diritto canonico e pastorale, quindi la cultura cristiana non è più limitata al clero. Allora perché non approfittiamo dei loro talenti, della loro abilità e del loro carisma?
Spero che la seconda fase della sinodalità studierà questo problema sul serio!